Storie della terra: viaggio nell’azienda bio Barduca

Storie della terra: viaggio nell’azienda bio Barduca

http://www.archeovale.it/2017/02/27/storie-della-terra-barduca/

Quando impresa, tradizioni e cultura si incontrano nascono progetti importanti, che offrono esempi di sostenibilità e rispetto del territorio.

La storia che vogliamo raccontarvi oggi parla di terra, di fatica ma soprattutto di amore verso il proprio territorio, verso le sue peculiarità e le sue eccellenze. Questa storia comincia all’inizio dell’Ottocento a Borgoricco, piccolo comune a nord-est di Padova, nel cuore dell’antico territorio della centuriazione romana, dove la famiglia Barduca, appena trasferita, acquista un piccolo lotto di terreno da coltivare.

famiglia Barduca

Da quel fazzoletto di terra, nel giro di quattro generazioni, ne hanno fatta di strada… oggi i Barduca coltivano ben 2 ettari di serre e 50 ettari di pieno campo!

Il punto di forza di questa realtà, che ha permesso all’azienda di diventare un punto di riferimento per le produzioni biologiche in Italia e all’estero, è stato quello di saper coniugare tradizione innovazione: utilizzo di moderne tecnologie ma anche reintroduzione di metodi tradizionali, questi i due fondamenti su cui si basa la filosofia dell’impresa, che punta ad ottenere prodotti che siano naturali e al tempo stesso salutari.

Alessia Barduca, 34 anni, è una giovane professionista che oggi, con grande impegno e passione, insieme alla sua famiglia, porta  avanti tutto questo.

La parola ad Alessia…

Dopo il liceo classico e la laurea in Storia e Tutela dei beni culturali con approfondimento sul turismo, ho iniziato lavorare nel settore dei viaggi… ben presto però l’attività di famiglia ha fatto sentire il suo richiamo!

I miei genitori, infatti, alla fine degli anni Settanta hanno deciso di scommettere il loro futuro puntando sull’agricoltura, partendo dai pochi campi dei nonni Barduca. Questa scelta all’epoca era piuttosto controcorrente e infatti non fu molto incoraggiata… a tutti risultava difficile pensare che si  potesse vivere solo di questa attività.

Io sono nata poco dopo, nel 1982, e fin da piccola ho respirato cosa significhi vivere e lavorare in un’azienda agricola, temere i temporali estivi o le gelate invernali, seminare senza avere la certezza di raccogliere.

Erano anni in cui non c’erano soldi, eppure, grazie all’inguaribile ottimismo di mio papà Francesco e alla tenacia di mamma Anna, pian piano l’azienda si è strutturata e ingrandita, ha ottenuto negli anni ’90 la certificazione biologica e ha aperto una seconda azienda per la lavorazione e la commercializzazione delle verdure in tutta Europa.

lattughina in serra

L’acquisto di una “centuria”

Nel 2008, poi, abbiamo acquistato un terreno di 35 ettari a S. Eufemia di Borgoricco, proprio nel cuore della centuriazione romana, un terreno che copre praticamente un’intera centuria antica (710 x 710 m = 20 actus ndr).

Questo nuovo appezzamento porta con sé, oltre alla sua grande estensione e a importanti potenzialità produttive, anche una nuova responsabilità: è come se sentissimo il genius loci di quel terreno, che aveva già conosciuto un’agricoltura organizzata ma naturale più di 2000 anni fa.

Così fin da subito abbiamo seminato erba medica per pulire il terreno, abbiamo piantato tutt’intorno siepi di noccioli e di aceri per favorire la biodiversità, e abbiamo escluso qualsiasi prodotto chimico di sintesi per coltivarla. Nel giro di 3 anni abbiamo ottenuto la certificazione biologica e ora questo terreno produce a rotazione radicchioinsalateleguminosecereali più o meno antichi.

Il terreno poi si riposa stagionalmente con il sovescio, una pratica agronomica (chiamata anche “concimazione verde”) che prevede la coltivazione di alcune specie di piante che non vengono raccolte ma interrate per arricchire il terreno, fungendo da concime naturale.

centuria

Forse proprio per la mia formazione umanistica, mi è venuto spontaneo chiedermi come potessimo essere custodi autentici di questa terra. Con il sostegno di tutta la famiglia abbiamo così pensato al progetto “Alma mater“, ossia “la madre che nutre”, con l’obiettivo di fare non solo agricoltura e agroalimentare, ma anche sostenibilità ambientale, sinergia con il territoriocultura, recupero delle tradizioni,  innovazione e turismo rurale.

Il progetto “Alma mater

Con questo spirito abbiamo avviato il progetto, che si è arricchito nel tempo di diverse iniziative e nuove collaborazioni. Una delle prime idee è stata quella di raccogliere oggetti della civiltà contadina da esporre in azienda, che i miei genitori stanno pazientemente recuperando e restaurando.

Un’altra importante attività è stato lo splendido recupero che mia sorella Laura, agronoma, sta facendo su cultivar antiche di alberi da frutto, che stavano per andare perdute (cultivar è termine che in agronomia intende le varietà agrarie di una specie botanica, contrazione di cultivated variety e calco del latino varietas culta ndr).

La nostra intenzione è anche quella di “dare” qualcosa alla comunità, vogliamo che il nostro lavoro abbia una ricaduta positiva sul nostro territorio e sulle persone che lo abitano. Da ciò nasce l’attenzione per l’aspetto della didattica, che ci ha portato ad aderire al circuito delle Fattorie didattiche del Veneto e a creare una sinergia con il Museo della Centuriazione Romana di Borgoricco.

Attualmente stiamo portando avanti il progetto di alternanza scuola-lavoro “Un paesaggio che vale“, in collaborazione con il Museo e la vostra associazione, presso l’Istituto Newton di Camposampiero e pochi giorni fa i ragazzi sono venuti a visitare l’azienda guidati da me: abbiamo parlato di agricoltura, marketing, export e ovviamente… cultura. Si tratta di un primo esperimento, un progetto pilota che speriamo possa essere replicato e ampliato!

Il lavoro di imprenditrice agricola

Al di là della retorica, fare agricoltura oggi resta un lavoro duro, che non prevede molti riposi, che va fatto con spirito imprenditoriale e senza sottovalutare quello che accade nel mercato globale, con cui dobbiamo inevitabilmente confrontarci.

Eppure la terra continua ad avere un fascino ancestrale, che ci richiama verso la natura, le nostre radici e il senso del nostro fare.